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domenica 16 giugno 2013

Cuba e il turismo (2)

Sono passati quasi 35 anni e molti dettagli, nomi, volti, si sono persi nei ricordi, ma l’essenza di quel mio primo viaggio a Cuba è ancora fresca e presente nel suo complesso. All’epoca collaboravo con Italturist in veste di accompagnatore turistico, in particolare per i viaggi nell’URSS, ma un bel giorno mi proposero di accompagnare un viaggio a Cuba, sapendo che parlavo già un po’ di spagnolo. Del gruppo di “cubani” facevano già parte Elio Borgonovo, Luciano Colombi, Sandro Perugino, Mirella Villa e altri di cui purtroppo ho dimenticato i nomi. Non me lo feci ripetere due volte ed accettai l’incarico con entusiasmo, era il dicembre del 1978. Partenza da Linate nel primo mattino via Ginevra/Madrid (non c'erano i posti sul volo diretto alla capitale spagnola), il volo per l’Avana era previsto alle 02.30 ma venne ritardato un paio d’ore per problemi tecnici. La comitiva era di 80 persone, divise in 2 gruppi da 40, ciascuno con un accompagnatore. Una volta imbarcati, ci venne comunicato che il personale viaggiante era in agitazione e non vi sarebbe stato servizio a bordo. In pratica occupavamo quasi metà dell’aereo con due file di tre sedili per lato. Non c’erano schermi né pellicole da guardare, solo musica con gli auricolari. Consegnarono a ciascuno un sacchetto con un panino che aveva conosciuto tempi migliori, un arancio, un pacchetto di biscotti e una bibita. Era il primo “sciopero” dell’era post-franchista. Pochi istanti prima del decollo, il comandante ci informò che in seguito a una perturbazione sull’Atlantico avrebbe dovuto seguire una rotta più settentrionale che comportava uno scalo tecnico a Montreal. Gelo fra i passeggeri, seguito da mormorii di commento non certo entusiastici. A Montreal c’erano -10 gradi e fortunatamente non ci fecero uscire dall’aereo, il personale in pista lavorava anche in maniche di camicia...di flanella, ma sempre camicia. Dopo un volo di oltre sette ore e una sosta di quasi una, riprendemmo il viaggio verso Cuba che durò 5 ore e mezza.
In quel periodo Iberia aveva due voli settimanali all’Avana, il lunedì e il giovedì. Uno proseguiva per Managua (Nicaragua) e l’altro per San José (Costa Rica) e il giorno di Natale non operava con nessun volo in partenza dagli aeroporti spagnoli.
Arrivammo all’Avana che era già pomeriggio inoltrato ci condussero all’Hotel Nacional che era uno dei pochi riaperti al turismo internazionale, gli altri erano: Riviera, Habana Libre (ex Hilton), Capri, Deauville e Sevilla. I primi due, col Nacional, erano considerati 5 stelle di classificazione locale, gli altri due di stelle ne avevano 4. C’erano anche il Saint John, il Vedado e il Colina che di stelle ne avevano tre, ma non venivano offerti al “nuovo” turismo europeo. Bisogna dire che, all’epoca, il Nacional le sue stelle non le aveva nemmeno sulla carta...La costruzione, integra nelle strutture esterne, era estremamente deteriorata all’interno a tutti i livelli: dalle porte d’ingresso alle camere, ai serramenti, i bagni e le stesse camere dalle pareti ricoperte di tappezzeria sbrecciata e ciondolante, ai soffitti con le strutture interne a vista, con letti matrimoniali arredati con due lenzuola singole messe di traverso...le prese e interruttori elettrici pericolosamente volanti, le lampadine spesso mancanti o bruciate. Non fu facile placare i malumori, nonostante lo “zoccolo duro” dei compagni presenti nel gruppo cercasse di giustificare la situazione, aiutando anche il lavoro delle guide cubane e quello di noi accompagnatori.
Ricordo però un particolare significativo di quei tempi: all'epoca fumavo e la prima sera cenammo al ristorante "di lusso" dell'albergo, l'Arboleda, la stanchezza ed il fuso orario mi fecero dimenticare sul tavolo un accendino d'argento che era un regalo di mia moglie. La mattina dopo, cercandolo e non trovandolo, lo detti per perduto, ma sceso allo stesso ristorante per la colazione, un cameriere me lo consegnò con un grande sorriso...e le mance non erano nemmeno accettate.
Passammo due notti all’Avana per poi raggiungere Santa Clara via Guamà, Cienfuegos e Trinidad. Il tempo era abbastanza buono e a Cienfuegos festeggiammo il capodanno...doppio: alle 18 si brindò per quello italiano e la sera festa in piscina per quello cubano. Nei tavoli vicini, c’erano solo cubani con invito a passare la serata per meriti lavorativi e un gruppetto di ingegneri e tecnici sovietici che stavano gettando le basi della futura centrale nucleare, mai terminata...Dopo santa Clara, tornammo verso occidente con una sosta di tre giorni a Varadero, prima di rientrare per una notte all’Avana in attesa del successivo ritorno in Italia. La fortuna non fu benigna con noi...durante il soggiorno a Varadero entrò un “frente frío” che portò vento e mare mosso. La permanenza all’hotel Internacional che con Kawama, Arenas Blancas, Villa Cuba e Oasis erano gli unici esistenti allora, non fu facile data la mancanza di qualsiasi intrattenimento diurno. C’era un solo tavolo da ping pong nel terrazzo posteriore, ma era impossibile giocare a causa del vento. Una delle alternative era di sdraiarsi nel prato antistante l’albergo, protetto dal vento e quindi senza vista mare...per raccontarsi barzellette o altre amenità che facessero trascorrere il tempo. In realtà si potevano prendere a noleggio delle biciclette made in URSS...terrificanti, pesavano moltissimo ed a avevano il freno a contropedale, la direzione del vento da nord-ovest poi favoriva una direzione e penalizzava l’opposta, in una località con un’unica strada come era allora Varadero, ricca di saliscendi non era facile, per tutti, montare in bicicletta a quelle condizioni.
Tornati all’Avana il tempo si era ristabilito e l’ultima sera ci fu la chiusura in bellezza al Cabaret Tropicana. Il pomeriggio seguente partenza per Milano via Madrid, ma... giunti nello spazio aereo spagnolo, il comandante avvertì che l’aeroporto di Madrid era chiuso per ragioni di sicurezza: si segnalavano bombe in varie parti della città, aeroporto compreso. Il pilota proseguì dicendo che per ragioni di autonomia, l’unico scalo che poteva raggiungere, in alternativa era quello di Alicante...nell’estremo sud della Spagna. Sbarcati in Andalusia ci montarono su autobus con destinazione Barcellona da dove dovevamo proseguire in volo per Milano, ma...durante il cammino ci informarono che gli aeroporti di Milano erano chiusi per neve. Dopo aver viaggiato una giornata intera sui bus, arrivammo a Barcellona la sera dove ci ospitarono in albergo, sperando che il giorno successivo riaprissero gli aeroporti milanesi. Così fu infatti e nonostante la nebbia in agguato, dopo la neve, si poté viaggiare nelle ore centrali e giungere a Malpensa nel primo pomeriggio. Linate invece che era la nostra destinazione prevista, era chiuso comunque.
Non fu una prima esperienza totalmente felice, ma...il tarlo rimase. (continua)



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