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venerdì 21 giugno 2013

Cuba e il turismo (appendice)

Il “periodo especial en tiempo de paz”, fu abbastanza duro, specialmente per quanto concerne l’energia.. Gli “apagones” erano frequenti, tanto che dovettero essere programmati per far si che la gente si organizzasse, specialmente per la conservazione degli alimenti. La notte era difficile dormire, senza nemmeno la possibilità di un ventilatore. Questi erano i punti più evidenti del problema perché toccavano direttamente la popolazione, ma dietro di loro c’era l’immenso problema creato da un’economia che fino ad allora era sussidiata e assistita e d’improvviso si trovava a risolvere i problemi autonomamente e senza, in pratica, fonti di produzione redditizie, dove il sistema tributario era sconosciuto e con un carico sociale enorme.
Il carburante era limitatissimo: venne abolita la “quota” mensile che veniva assegnata alle auto private in base alla cilindrata e anche i veicoli statali erano soggetti a forti restrizioni.
I voli interni ridotti al minimo, i veicoli in circolazione venivano fermati da appositi ispettori, soprannominati “amarillos” per il colore delle loro uniformi e dovevano servire per trasportare chiunque fosse sul loro percorso. Il parco circolante dei bus era allo stremo e non c’era possibilità di sostituirli se non con sporadiche donazioni di Enti stranieri “amici” che inviavano gratuitamente i loro veicoli dismessi, ma ancora funzionanti. Si inventarono i “camellos” applicando una lunga cabina per i passeggeri a rimorchi di autoarticolati. Ancora una volta fu l’Italia ad ottenere il primo posto e addirittura prima del “periodo especial”: il Comune di Milano, nel 1984, donò 30 autobus dell’ATM. La giunta era quella del sindaco Tognoli e uno dei suoi esponenti di maggior spicco, di cui non ritengo rivelare il nome, era venuto a Cuba nel 1982 con un gruppo accompagnato da me e in partenza quel tragico 2 di agosto. Eravamo a Linate in attesa di raggiungere Praga, quando ci venne all’orecchio che era accaduto qualcosa di grave alla stazione di Bologna, ma niente di più. Il nostro gruppo venne trettenuto per più di un’ora oltre il previsto, dal momento che quell’uomo politico aveva la sventura di essere omonimo di un terrorista “rosso” ricercato. Come se questi avesse cercato di espatriare con la sua vera identità...
Comunque questo periodo ebbe anche un risvolto positivo, segnò l’inizio di un cambio, lento, ma costante di mentalità. La mossa fondamentale fu quella di depenalizzare il possesso di valuta per i cittadini cubani e residenti permanenti con conseguente ampliazione della rete di vendita di prodotti acquistabili in dollari, una piccola spinta alla circolazione del denaro. Poi si introdusse una prima disposizione per poter esercitare alcuni lavori per conto proprio, si riaprirono i mercati di prodotti delle campagne, si autorizzarono gli orti per l’autoconsumo in spazi pubblici e/o collettivi. Si cominciò a vedere il turismo non più come un “male necessario”, ma come fonte di ingresso per il Paese e si iniziò la fase di incremento delle strutture alberghiere e gastronomiche. Qualche anno dopo si introdusse il Peso Cubano Convertibile. Di questa fantomatica moneta ebbi l’occasione di sentirne parlare personalmente e in notevole anteprima, da Fidel Castro in un ricevimento alla Residenza del nostro Ambasciatore, mentre ne parlava con la presidentessa di Alpitur che ara in visita con altri operatori economici italiani accompagnati dall’allora Ministro per il Commercio Estero, Susanna Agnelli.
Oggi il paese dispone di una vasta rete di alberghi e di case private autorizzate ad affittare e mi viene da sorridere quando penso ai viaggi dei “pionieri” come quello che feci per il capodanno ‘79/80. Arrivammo all’Avana dopo un volo, Interflug, interminabile via Berlino/Shannon/Gander. La pista, di Boyeros era attraversata dal binario unico della linea ferroviaria Avana/Pinar del Río...Il contingente era di 160 persone divise in 4 gruppi con altrettanti accompagnatori, all’aeroporto c’erano le 4 guide di Cubatur di cui nessuna parlava in italiano a me toccò una che parlava perfettamente il russo...I bus non erano arrivati e ci toccò aspettare un buona mezz’ora sul marciapiedi antistante il terminal 1 che era l’unico e non aveva ancora il numero...l’aerostazione era presa d’assalto, all’esterno, da centinaia di persone che attendevano i parenti della “comunità”, provenienti da Miami, dopo anni di assoluta mancanza di collegamenti. Il presidente Jimmy Carter aveva autorizzato, in deroga all’embargo, dei voli charter, non a carattere commerciale, ma umanitario per permettere alle famiglie cubane di riabbracciarsi. Il caos era indescrivibile.
Quando arrivarono i bus fummo trasportati al hotel Nacional che era nelle stesse condizioni dell’anno prima...o peggio. In seguito alle molte lamentele e vista l’ora tarda, chiedemmo ai clienti di pazientare fino al mattino successivo e alla prevista riunione di informazione si sarebbe cercata un’alternativa con Cubatur.
Quando ci riunimmo nel salone dell’Arboleda, dopo la colazione venne servito il classico cocktail di benvenuto e un funzionario di Cubatur illustrò come si sarebbe svolto il programma che prevedeva il tour fino a Santiago e il soggiorno balneare a Guardalavaca. Innanzitutto dovettero separare i 4 gruppi alla metà perche, sopratutto nelle città dell’interno non ci sarebbe stata capacità alberghiera per ospitare tutti contemporaneamente, pertanto due bus con 80 persone partirono con un giorno di anticipo, con rientro pure antipato all’Avana. Gli altri, che si fermavano all’Avana, me compreso, sarebbero stati trasferiti a Villa Bacuranao, un complesso di bungalows all’uscita dell’Avana. Nell’insieme il posto era un po’ meglio del Nacional, ma...alcuni bungalows disponevano di bagni comuni e non privati...e inoltre la località era veramente troppo appartata e non permetteva di uscire a passeggiare nei momenti in cui ci si fermava in albergo e la spiaggetta non era troppo frequentabile perchè durante il giorno si svolgevano le visite previste. Dopo una notte, si decise di tornare al Nacional... non vi era alternativa. Arrivarono i giorni della partenza per il tour, ai nostri compagni di viaggio vennero assegnati, come previsto, due bus “Pegaso” con radio, microfono, aria condizionata, bar e servizio. Per noi arrivarono due British Leyland di non so che anno, senza nessuna dotazione e in condizioni anche abbastanza precarie. La mia compagna di lavoro era la responsabile di Unità Vacanze alla quale dettero come “premio” la possibilità di accompagnare un viaggio a Cuba, confidando nell’aiuto degli altri tre colleghi, dal momento che non ci era mai stata e non parlava una parola di spagnolo, la sua guida cubana però...parlava perfettamente in ceco.
Altra ondate di, giustificate, proteste senza poter risolvere la situazione, ci dissero che durante il tour, se si fosse liberato qualche “Pegaso” ci avrebbero sostituito i mezzi. Partimmo per Guamà/Cienfuegos e dovetti sgolarmi sul veicolo rumorosissimo per tradurre quello che diceva la guida e...dovetti anche scendere e ripetere il racconto sull’altro bus...Giunti a Guamà, dopo la visita all’allevamento dei coccodrilli, montammo sui battelli per la visita dell’Aldea Taina all’interno della palude. Una gita, finalmente piacevole e rilassante in un paesaggio incantevole. Dopo la visita a piedi sulle passarelle del villaggio arrivammo all’imbarcadero e...non c’erano i battelli. Chieste informazioni ai lavoratori del posto ci dissero che ormai le ultime “corse” erano partite. Ci attivammo per comunicare via radio dal villaggio alla base della ”Boca” e solo dopo molti sforzi riuscimmo a sapere che avevano rintracciato i capitani delle barche e che sarebbero venuti a prenderci, naturalmente il tempo era passato e potemmo ritornare ai bus solo con l’oscurità sopraggiunta. Proseguimmo il viaggio per Cienfuegos dove arrivammo a notte inoltrata. Al di la del mio “pendolarismo” tra i due bus per le traduzioni e il disagio per i passeggeri, il tour proseguì normalmente: Trinidad, Santa Clara e Camagüey...ma giunti in questa località arrivò la notizia che non era possibile alloggiare a Santiago perché non c’erano posti disponibili e il gruppo si doveva fermare a Manzanillo (provincia Granma) a 177 km. da Santiago che si sarebbe raggiunta con un’escursione di un giorno e rientro a Manzanillo per il successivo pernottamento e trasferimento poi Guardalavaca per il soggiorno balneare, con rientro all’Avana in aereo, da Holguin, come previsto.
Gingemmo a Manzanillo dove il personale locale non seppe cosa fare per farci sentire a nostro agio e “digerire” l’imprevisto, se non altro l’albergo era di recente costruzione ed aveva una vasta area di giardino con piscina. Il giorno dopo, levataccia per andare a visitare Santiago. Durante il percorso, a Raisa la mia guida, venne un forte attacco di asma e fu necessario fare una sosta all’ospedale di Palma Soriano che fortunatamente era sulla strada. Un ulteriore imprevisto che si risolse per il meglio, per Raisa, ma che causò un discreto ritardo sulla tabella di marcia. Inutile dire che la visita della città fu un “mordi e fuggi” che lasciò l’amaro in bocca a molti che avevano scelto questo programma proprio per conoscere Santiago.
Ho raccontato questo episodio per sottolineare come era facile avere disservizi in quel periodo, tanto che al nostro rientro in Italia ad ogni viaggio, i responsabili di Italturist ancor prima di salutare ci scrutavano in faccia e chiedevano: “Com’è andata”?
Ma queste sono vicende del secolo scorso, oggi Cuba non presenta difficoltà superiori a quelle di qualunque altra meta turistica.




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